giovedì, novembre 30, 2006

La Jetee

Della durata approssimativa di 28 minuti, il film è formato totalmente da foto in bianco e nero collegate assieme da dissolvenze e tagli netti. Il regista e sceneggiatore Chris Marker e Jean Havel, addetto al montaggio, hanno realizzato quasi un bombardamento di immagini per l'osservatore accompagnate da una voce narrante fuori campo arrivando quasi ad un effetto ipnotico.
La Jetée narra la storia di un uomo anonimo che è ossessionato da un'immagine del proprio passato che è rimasta impressa nella sua mente: una domenica pomeriggio, mentre era all'aeroporto per vedere gli aerei che atterravano e che decollavano rimase folgorato dalla bellezza di un viso di donna. Gli avvenimenti ricordati sono piuttosto confusi, ma più pensa al fatto e più gli sembra di ricordare di aver visto anche un uomo morire.
Nel frattempo il suo mondo presente è distrutto dalla terza guerra mondiale e i sopravvissuti per sfuggire alle radiazioni sono costretti a rifugiarsi sotto terra. Viene fatto prigioniero ed è costretto a subire strani esperimenti. Il fatto è che per i sopravvissuti l'unica speranza è rappresentata dalla possibilità di creare un buco nel flusso temporale attraverso cui ottenere cibo medicine ed energia. Si tenta, cioè, di inviare degli emissari attraverso il tempo (nel passato e nel futuro) proprio per cercare delle soluzioni ai problemi del presente. Il fatto che il protagonista sia ossessionato da quella visione del passato lo rende un soggetto ideale per questo tipo di esperimenti.
Durante le prove di viaggio temporale riesce ad incontrare la donna dei suoi ricordi, frequentandola più volte fino a che i due non si innamorano. Il loro incontro finale avviene in un museo circondati da animali in esposizione.
Il successo dei suoi viaggi nel passato spingono gli scienziati ad inviarlo nel futuro. Qui scopre che la razza umana è tornata a prosperare sulla terra, anche se la società che si è formata è anonima e sterile. Per di più le persone indossano delle strane cose elettroniche sulla fronte. Dal futuro riporta anche uno strumento che permetterà il ripristino dell'industria mondiale. Diventato ormai inutile per i suoi carcerieri viene salvato da emissari del futuro che gli offrono la possibilità di fuggire. Lui chiede di essere riportato nel passato, dalla donna che ama.
Nella scena finale si ritrova in un aeroporto, quello del suo ricordo da bambino, solo che adesso è un adulto, e scopre di lontano la donna amata, nell'avvicinarsi a lei un uomo accanto a lui, un agente dei suoi carcerieri che lo ha seguito nel passato, gli spara. Morendo capisce che l'uomo morente del suo ricordo altri non è che lui stesso.
Il narratore, con calma, afferma che fuggire al tempo è impossibile e con ciò lo schermo diventa di colpo nero.
Una struttura narrativa asciutta e sintetica e soprattutto il fatto che il film sia realizzato interamente di foto immobili rendono il film un classico e un riconoscimento all'aspetto forse più importante della cinematografia: l'immagine singola, costruita e carica di significato.
Il film fu distribuito in Francia nel 1964 in un'unica sala cinematografica, La Pagode, assieme ad altri due corti, A Valparaiso e Corps Profond, ha vinto il Prix Jean Vigo.
Nel 1995 la storia di questa pellicola fu ripresa e trasformata da Terry Gilliam nel film Twelve Monkeys, interpretato da Bruce Willis e Brad Pitt.
Un'altra piccola influenza de La Jetée si ritrova nell'immagine dell'uomo con gli occhi coperti dallo strumento elettronico durante l'esperimento che è stata ripresa da David Bowie in un suo video musicale.

martedì, novembre 28, 2006

Il Declino dell'Impero Americano




La storia ruota intorno a quattro coppie medio-borghesi che trascorrono il week-end nella casa sul lago di uno di essi. Sia per le donne che per gli uomini, il tema ossessivo è il sesso. Riuniti a cena, gli otto si ritrovano a chiacchierare senza troppo interesse, quando Mario si alza, seguito poi da Louise, e se ne va "perché non si fanno orge", dice. La notte, amare riflessioni assalgono tutti, ma "l'esasperata caccia alla felicità personale, non sarà l'inizio del declino dell'impero americano?". Dopo vari intrecci amorosi notturni, le quattro coppie ripartono il mattino dopo, riprendendo forse anche la via dell'ipocrisia.
Spesso definito come una sorta di Grande Freddo in versione canadese, Il Declino dell'impero americano è un film in cui tutti parlano di sesso, ma in cui il reale soggetto è il divertimento. Nove amici e vicini di casa, alcuni sposati fra di loro, altri amanti, passano un esuberante week-end d'autunno, sulle rive di un lago. Gli uomini in cucina a preparare prelibati manicaretti; le donne a fare body building: naturalmente parlano di sesso, tanto sesso, più detto che vissuto, in modo brutale e incerto, volgare e affettivo. Il sesso come rifugio, il sesso come evasione. Poi, la sera, tutti attorno al tavolo, a discutere con estrema civiltà degli argomenti più disparati: il Papa, la prostituzione, il Laos, la Storia. A poco a poco le nevrosi, le paure esistenziali, il dissesto del "privato", vengono in superficie e i commensali, incontenibili, con un cinico gioco si dilaniano, si accusano, si graffiano con verità senza difesa. I ricordi patetici e le memorie amare contemplano guasti interiori, degrado civile, ingarbugliati rapporti: si è lacerata la crosta di solitudine, di struggimento, di sconforto.
RECENSIONI:
"Nel momento in cui un impero si avvia sulla via della decadenza la gente comincia a riflettere sulla propria vita privata... e Arcand carica questa riflessione di un senso dell'umorismo allo stesso tempo crudo e familiare." (Paul Attanasio, Washington Post)

Scheda tecnica:
Titolo originale: Le Declin de l'Empire Americain
Nazione: Canada
Anno: 1986
Genere: Drammatico
Durata: 101'
Regia: Denys Arcand
Attori:Dominique MichelDorothée Berryman

venerdì, novembre 24, 2006

Hong Kong Express

Hong Kong. Due poliziotti senza una compagna. Il primo incontra una bionda vistosa che indossa sempre occhiali scuri. Il secondo non si rende conto che la cameriera di un locale gli riordina l'appartamento in sua assenza. Un storia "minima" raccontata con tutti i segni dell'alienazione e con una grande importanza attribuita al linguaggio metacinematografico e alla presenza degli oggetti. Intorno aleggia, palpabile, la paura dell'annessione alla Cina.

Scheda Tecnica:

Titolo originale: Chongqing Senlin/Chung King Express

Regia: Wong Kar-wai.

Attori: Tony Leung, Brigitte Lin Chinghsia, Takeshi Kaneshiro.

Genere: Drammatico.

Durata: 102 minuti.

Produzione Hong Kong

Anno: 1994.

sabato, novembre 18, 2006

Il fascino discreto della borghesia




Per i borghesi François e Simone Thevenot, la giovane Florence (sorella di Simone) e l'ambasciatore della repubblica di Miranda, Raphaël Acosta, i coniugi Henri e Alice Sènèchal nulla è più difficile che riuscire a cenare insieme: se i primi quattro si recano dai Sènèchal, questi li attendevano per la sera seguente, oppure si sono nascosti per fare all'amore; se vanno in trattoria, è morto il proprietario; se le signore vanno a prendere il thè in un locale pubblico, non viene loro offerta che dell'acqua; se una volta tanto pare che tutto fili liscio, interviene un colonnello con un gruppo di militari a scombinare il pasto; infine, poichè François, Henri e Raphaël spacciano droga, una cena viene interrotta dalla polizia (in seguito, l'intervento di un ministro li fa scarcerare). A un certo punto, ai sei si aggiunge un nuovo personaggio, il vescovo Dufour, che riesce ad ottenere un impiego come giardiniere presso i Sènèchal. Ma ormai tutta la vicenda è diventata ambigua e si mescola ai sogni e alle paure di ognuno (invitati a casa del colonnello si trovano improvvisamente su un palcoscenico a dover recitare una parte che non conoscono) e su tutti incombe un greve senso di morte; o è il prelato che, accorso al capezzale di un vecchio moribondo, il quale confessa di avergli assassinato gli inumani genitori, prima lo assolve e poi lo uccide; oppure il racconto di un militare che ha sognato di aver incontrato la propria madre e alcuni amici defunti; ovvero è l'uccisione del colonnello che ha provocato l'ambasciatore di Miranda; o infine, sempre durante un pasto, l'irruzione di terroristi rivoluzionari che fanno una strage da cui si salva soltanto Raphaël Acosta. Quest'ultimo è un vero incubo e per cacciarlo Raphaël, quando si sveglia, si alza e si mette a mangiare. Ma nonostante tutto, ogni tanto si vedono i nostri protagonisti borghesi camminare per una solitaria strada di campagna.

I Thévenot e i Sénéchal continuano a scambiarsi inviti per un pranzo, ma non riescono mai a mangiare. Scritto col fido Jean-Claude Carrière, questo opus n. 30 dello spagnolo di Calanda è forse il suo film più francese e squisito: la trovata del Pranzo Continuamente Interrotto potrebbe far da motore a una commedia di boulevard. L'angelo sterminatore ha in mano il fioretto dell'ironia e lo maneggia con grazia incantevole, ma, surrealista sereno e sorridente, ricorre all'esplosivo onirico per far saltare in aria la borghesia e i suoi pilastri: polizia, chiesa, esercito. I sogni non servono a evadere dalla realtà, ma a farla conoscere più profondamente. Un compendio di tutto il cinema bunueliano.
Il Morandini Dizionario dei film, Zanichelli
Titolo originale:Le charme discret de la bourgeoisie
Regia: Luis Buñuel
Genere:Commedia - Drammatico
Soggetto:Luis Buñuel
Sceneggiatura:Luis Buñuel, Jean-Claude Carriere
Fotografia:Edmond Richard
Montaggio:Helene Plemiannikov
Interpreti:
Stephane Audran Alice Senechal, Ellen Bahl, Olivier Bauchet, Robert Benoit, Julien Bertheau Vescovo, Christian Blathauss, Jean-Pierre Cassel Henri Senechal, Jean Degrave, Anne Marie Deschott, Douling Moribondo, Paul Frankeur Francois Thevenot, Pierre Lary, Robert Le Beal, Pierre Maguelon Gendarme, Maxence Mailfort, Maria Gabriella Maione Guerrigliera, Francois Maistre Il Commissario, Damaso Muni Contadina, Bernard Musson Cameriere, Bulle Ogier Florence, Michel Piccoli Il Ministro, Claude Pieplu Il Colonnello, Fernando Rey Don Raphael, Jacques Rispal, Delphine Seyrig M.Me Thevenot, Diane Vernon, Milena Vukotic Ines
Produzione:
Serge Silberman, per la Greenwich Films, Dear. Coproduzione Greenwich (Parigi) Dean (Rome)
Origine:Francia - Italia - Spagna
Anno:1972
Durata:105'

venerdì, novembre 10, 2006

Bella di giorno



Una giovane signora borghese, piuttosto frigida con il marito, si mette a frequentare di pomeriggio una casa d'appuntamenti e diventa la regina dell'erotismo, finché non si risolve a dedicarsi (ma sul serio) al legittimo consorte. Però uno dei suoi amanti non accetta il ravvedimento. Spara al povero marito ignaro riducedolo in fin di vita. La "bella di giorno" si voterà alla cura del poveraccio (e alla castità) per tutta la vita. Con questo film d'argomento osé (per il '68), il grande Luis Buñuel a quasi settant'anni conquista un ampio pubblico. Meglio tardi che mai. Un mediocre romanzo di Kessel diviene per lui l'occasione per raccontare cinematograficamente una nevrosi con notevole acutezza e sensibilità. Fa ancora oggi testo il suo modo di alternare la realtà e le fantasie della protagonista (uno studio sulla schizofrenia che anche gli specialisti hanno trovato impeccabile).
Scheda Tecnica:
Anno di produzione: 1968
Titolo originale: Belle de jour
Regia: Luis Buñuel.
Genere: Drammatico
Durata:120 minuti.
Produzione: Francia
Recensione e critica di Alberto Moravia:
Sévérine, moglie borghese di un giovane chirurgo, è stata, bambina, accostata da un bruto. Da questo trauma le sono venute due ossessioni parallele: di colpa e di voglia di ripetere la colpa. Un erotomane a nome Husson le fa la corte, invano; un giorno per caso, le rivela l’indirizzo di una casa di appuntamenti che in passato gli è accaduto di frequentare. Subito, Sévérine, si precipita alla casa e chiede alla tenutaria, Madame Anays, di lavorarci. Così comincia per lei una doppia vita: signora irreprensibile a casa, Sévérine, al bordello in cui si reca ogni giorno dalle due alle cinque, diventa la prostituta “Belle de jour”. Tutto andrebbe liscio se a un tratto non accadessero due fatti. Il primo è che Husson, l’erotomane che le ha dato l’indirizzo e l’aveva corteggiata invano, si presenta alla casa di appuntamenti e la riconosce; il secondo è che uno dei clienti del bordello, un giovane criminale spagnolo, si innamora di lei. A Sévérine il ragazzo piace finché non è che uno dei soliti clienti che la violentano e la profanano; ma non vuol saperne del suo amore. Lo spagnolo la fa seguire, irrompe nella sua casa; Sévérine lo scaccia. Lo spagnolo si apposta; abbatte a colpi di rivoltella il marito di Sévérine; a sua volta viene ucciso dalla polizia. Adesso il marito è paralizzato e quasi cieco, non si sa se guarirà. Arriva Husson e, per vendicarsi della ripulsa di Sévérine, gli svela la verità sul suo ferimento e sulla doppia vita di sua moglie. Nella motivazione del premio di Venezia, a proposito di questa Belle de jour di Luis Buñuel, si diceva che il “film confermava la grande lezione dei surrealismo di cui Luis Buñuel è uno dei rappresentanti più illustri”. Questa frase non ha nulla di convenzionale. In realtà Buñuel ci ha dato uno dei rari film che siano al tempo stesso spettacolo e opera d’arte. E questo l’ha ottenuto grazie soprattutto alla sua esperienza dei surrealismo, forse la sola avanguardia che abbia cambiato e arricchito la nostra visione del mondo e conquistato nuovi territori di conoscenza. Ci sono due specie, almeno, di surrealismi. Quello fantastico nel quale il sogno si presenta come realtà (Dali, Ernst, Delvaux, Magritte ecc. ecc.); e quello nel quale la realtà si presenta come sogno (Lautreamont, l’Aragon del Paysan de Paris, Nadia di Breton, Roussei, lo stesso Freud). Belle de jour appartiene alla seconda categoria. Perché la realtà è un sogno in Belle de jour? Perché Sévérine ha sognato tutta la vita, con nostalgia e senso di colpa, di essere profanata e violentata; e, alla fine, il suo sogno si realizza. Per questo la prima parte è superiore alla seconda. In questa prima parte, infatti, il sogno di Sévérine non incontra alcuna smentita: essa vive il proprio sogno e sogna la propria vita. Aveva sognato di essere posseduta da un bruto; ed ecco il bruto le sta sopra e la possiede davvero. Così, appunto perché sogno e realtà vi si identificano così perfettamente, anche il bordello non è un luogo della realtà, ma un luogo di sogno nel quale, appunto, la sola realtà è il sogno di Sévérine. Donde la precisione allucinata dei particolari; l’assenza di psicologia. Invece, nella seconda parte, Sévérine è costretta a svegliarsi. Qualcuno la riconosce, qualcuno l’ama. Scoppia una tragedia che non è sogno, bensì, purtroppo, mera realtà. Ma Sévérine è un’incorreggibile sognatrice: quando viveva il suo sogno di stupro, allora sognava di essere punita; adesso che il marito è paralizzato e sa della sua doppia vita, sogna che il marito è sano e non sa nulla e loro si amano e vivono felici. Ma si capisce che fa questo sogno per illudersi di potere, un giorno, tornare di nuovo al bordello e riprovare il brivido dello stupro. E inutile cercare delle implicazioni sociali in questo film: Freud non è Marx, e questo è un film, alla lontana, freudiano. Il grande merito di Buñuel anzi è stato di aver scartato con mano leggera ogni denunzia moralistica; di essersi tenuto, con superiore maestria, a una rigorosa descrizione. Tutto è visto attraverso gli occhi di Sévérine; e Sévérine, appunto, è una sonnambula o, se si preferisce, una visionaria. In un simile film, la regia prevale, anzi riassorbe l’interpretazione. Catherine Deneuve, volto consumato dalla lussuria e dal senso di colpa, è un’immagine memorabile. Accanto a lei, visti da lei, bisogna lodare Jean Sorci, il marito; Michel Piccoli che è Husson; Francisco Rabal e Geneviève Page.
Da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975

mercoledì, ottobre 25, 2006

L'Angelo Sterminatore


Tratto da un soggetto teatrale scritto da José Bergamin intitolato Los naufragos e sceneggiato oltre che dallo stesso Buñuel anche da Luis Arcoriza, L'angelo Sterminatore è uno dei film più belli diretti dal grande maestro spagnolo. La trama è solo un pretesto per scavare nei meandri della psicologia umana del mondo borghese la cui morale, per Buñuel, diventa antimorale. Dopo una prima teatrale, una comitiva dell'alta borghesia viene invitata a cena in una villa di amici. Sul tardi, mentre ascoltano una pianista, si accorgono che la servitù si è inspiegabilmente eclissata. Cercano di uscire dalla villa ma qualcosa li trattiene. Sono prigionieri di loro stessi e improvvisamente si ritrovano, quasi fosse il giorno dell'Apocalisse, a piangere sul loro destino. La situazione si fa sempre più tesa, i loro dialoghi sempre più amari e violenti fino al "sacrificio carnale" di una giovane ragazza che viene posseduta dal loro ospite. Solo allora crederanno di essersi liberati dal loro incubo.

"Tratto da un soggetto teatrale scritto da José Bergamin intitolato Los naufragos e sceneggiato oltre che dallo stesso Buñuel anche da Luis Arcoriza, L'angelo Sterminatore è uno dei film più belli diretti dal grande maestro spagnolo. La trama è solo un pretesto per scavare nei meandri della psicologia umana del mondo borghese la cui morale, per Buñuel, diventa antimorale. Dopo una prima teatrale, una comitiva dell'alta borghesia viene invitata a cena in una villa di amici. Sul tardi, mentre ascoltano una pianista, si accorgono che la servitù si è inspiegabilmente eclissata. Cercano di uscire dalla villa ma qualcosa li trattiene. Sono prigionieri di loro stessi e improvvisamente si ritrovano, quasi fosse il giorno dell'Apocalisse, a piangere sul loro destino. La situazione si fa sempre più tesa, i loro dialoghi sempre più amari e violenti fino al "sacrificio carnale" di una giovane ragazza che viene posseduta dal loro ospite. Solo allora crederanno di essersi liberati dal loro incubo." "L'ironia corrosiva di Bunuel ha percorso la storia del cinema come un brivido,gli effetti si sono propagati lontano e in fondo lo stesso Almodovar gli deve molto...Viridiana per esempio potrebbe essere un personaggio perfetto per il monellaccio di Madrid... L'angelo sterminatore con quel confine invisibile e invalicabile lascia gli spettatori increduli ma anche atterriti ...un thriller che potrebbe sembrare una commedia, ma che in fondo è un horror perchè tratta il tema della paura...sicuramente è un film drammatico ed è così che Bunuel tocca tutti i generi! Il minimo comun denominatore è dunque la paura oltre alla satira sociale. La paura degli altri e di tutto ciò che è al di fuori di noi ...la paura di un castigo...e la miserabile fine di tutte le filosofie, religioni e superstizioni di fronte all'abbacinante semplicità della realtà...il confine però è superabile, accessibile...solo non vogliamo accettare probabilmente che l'angelo sterminatore non ci sia..."
"Don Luis Bunuel firma uno dei suoi film più neri e geniali, una parabola apocalittica violentissima che prende di mira i pregiudizi (estetici e morali) della classe borghese (come più tardi farà di nuovo nel «Fascino discreto della borghesia»). Sorretto da una sceneggiatura formidabile, piena di trovate grottesche e grondante di una satira feroce, "El Angel Exterminador" rimane nel novero dei film più interessanti del maestro di Città del Messico, e uno dei massimi capolavori della Settima Arte. Con in più alcune sequenze indimenticabili in classico stile surrealista (so veda l'arrivo dell'orso o la fuga delle pecore nel finale, o ancora di più la mano che cammina). Splendido."
"Troppo spesso ultimamente siè scomodato a sproposito il termine capolavoro per film inutili destinati fra qualche tempo all'oblio o per kolossal/fumettoni alla "Signore degli AnelLi".Eppure per questa opera del 1962 del grandissimo maestro spagnolo LUIS BUNUEL non posso trovare altre definizioni più calzanti.L'esimio cineasta,sfruttando il linguaggio a lui caro del surrealismo firma una perfetta regia illuminata da una sceneggiatura di lucidissima intelligenza per analizzare con spietatezza la condizione di prigionia ed impotenza che affligge l'uomo.La storia,molto semplice,tratta di un gruppo di raffinati borghesi ed artisti che dopo una cena ed una gradevole serata,restano imprigionati per un misterioso incantesimo in una stanza della villa.In questa paradossale situazione la loro educazione,i loro atteggiamenti cortesi,le loro buone maniere,subiscono un profondo mutamento,una degradazione.La loro falsa personalita',acquisita nel corso della loro vita e le loro certezze,crollano come castelli di carta,facendo emergere l'istintualità primaria,il disordine dell'inconscio,la perdita del controllo e del ritegno,l'aggressività.Bunuel evidenzia come in un teatro delle marionette mistico,la ripetitività dei gesti,delle situazioni,dei vincoli che ci imprigionano e l'impotenza dell'uomo a spezzarli,demolendo peraltro con la sua impietosa analisi della borghesia,ogni differenza di classe sociale.Semplicemente fantastico come il maestro spagnolo indaga per mezzo della telecamera nell'inconscio dei personaggi e nei loro deliri onirici,evidenziando perfettamente come l'uomo menta a se stesso,giustificando o rimuovendo quello che riguarda la sua prigionia e la sua impotenza giungendo così ad accettarla in maniera naturale,senza porsi fastidiose domande.In quella stanza c'e' il mondo,microcosmo e macrocosmo dove le leggi son sempre le stesse e gli attori/uomini "recitano" con i loro incubi ed istinti ancestrali e bestiali.Altri simbolismi biblici e non permeano l'opera,come l'orso che si aggira per la casa pronto a cibarsi" dei borghesi o gli agnelli che entrano nella stanza e,alla fine,nella cattedrale.Illuminante la sequenza finale dove il regista sottolinea l'inutilità del moderno rito cattolico e della morale della Chiesa con l'ennesimo meccanismo d'imprigionamento. La ripetività della vita.


Scheda Tecnica:


Titolo originale: El angel exterminador

Regia: Luis Buñuel.
Attori: Silvia Pinal, Enrique Rambal, Jacqueline Andere, José Baviera, Augusto Benedico, Claudio Brook, Antonio Bravo, César del Campo, Rosa Elena Durgel, Lucy Gallardo, Enrique García Álvarez, Ofelia Guilmáin, Nadia Haro Oliva, Tito Junco, Xavier Loya.
Genere: Drammatico.
Bianco e Nero
Durata:95 minuti.
Produzione Messico
Anno: 1962.

giovedì, ottobre 19, 2006

Viridiana



Prima di andare a prendere i voti, VIridiana va a trovare lo zio Don Juan. Questi s'innamora di lei e, non potendo far altro, s'impicca. Viridiana non partirà più. Uno dei capolavori di Bunuel, e il film che inaugura la sua seconda giovinezza. Viridiana è una santa impossibile, che attraverserà il mondo portando più morte e distruzione che bene. Un film laicissimo e inquieto, la cui rappresentazione della religione lo ha reso scandaloso. Palma d'oro a Cannes in rappresentanza della Spagna.
Titolo originale: Viridiana
Regia: Luis Buñuel
Interpreti: Fernando Rey Francisco Rabal Silvia Pinal
Durata: 91'
Genere: Drammatico

Recensioni:
"La potenza figurativa delle immagini, non di rado pittoricamente elaborate, l'efficacia polemica di un montaggio a scacchi usato con precisi intenti espressivi e la suggestione di alcune pagine, non valgono a riscattare l'opera stilisticamente discontinua, ambigua e barocca, né a giustificare la paradossalità delle situazioni e la portata patologica dei personaggi piegati indistintamente al furore polemico dell'autore. Infatti Bunuel cerca invano di conferire plausibilità all'ibrida mescolanza degli elementi di cui si serve, affidando a contorti simboli il demoniaco misticismo che pervade l'opera"
"Mai ritorno in patria fu così amaro e contestato. Era il 1960 e dopo trent’anni di esilio, Luis Buñuel, ormai sessantenne, tornava a lavorare nella sua Spagna, da dove non era più rientrato dopo la sconfitta dei repubblicani nella Guerra Civile del 1936. Da allora aveva girovagato per il mondo, producendo i suoi film prevalentemente in Messico e in Francia. Ma Viridiana, che pure era l’occasione di tornare in patria, non smentì l’impeto irriverente del grande regista surrealista. E fu scandalo. Il film venne presentato a Cannes nel 1961 e vinse la Palma d’Oro. Questo successo lo mise sotto il tiro delle reazioni del mondo cattolico, e l’Osservatore Romano lo bollerà come “un insulto alla religione cristiana”. Il dittatore Franco stesso destituirà il direttore generale del cinema in Spagna, reo di aver prodotto un film così blasfemo. E il film sarà proibito in Spagna e, pure nel resto del mondo, non avrà certo vita facile (provate a cercarlo in una normale programmazione televisiva... è introvabile). A cosa fu dovuta tanta reazione inconsulta? All’ateismo di Buñuel? Forse. Ma più di tutti ad una sorta di “sconsacrazione dell’iconografia cattolica” che irritò profondamente il Vaticano. Crocifissi che divengono coltelli, suore novizie vestite da spose per compiacere un vecchio, dei barboni che mimano visivamente l’ultima cena di Leonardo, con un cieco al posto del Cristo, ecc. tutti elementi dissacratori, caratteristici del cinema di Buñuel, e assolutamente indigestibili dall’Establishment cattolico. Eppure Buñuel confeziona un film e una storia esemplari, dove ogni debolezza umana, fosse della ricca borghesia o del proletariato più misero, veniva messa in mostra, con cattiveria e pessimismo. Viridiana è una giovane novizia che, richiamata dal convento dallo zio che l’ha mantenuta, diviene oggetto di desiderio proprio del vecchio Don Jaime (Fernando Rey). Il quale, prima proverà con la persuasione, poi con il sonnifero, poi con l’inganno, infine con l’implorazione, per trattenere la giovane nipote, della quale si è invaghito e nella quale ritrova le grazie della moglie da tempo scomparsa. Buñuel ricostruisce un set che rimanda vagamente a quelli “cormaniani” del ciclo Edgar Allan Poe, e il Don Jaime di Fernando Rey ha le fattezze dei personaggi vampireschi e/o malinconici e dannati interpretati da Vincent Price. In quest’atmosfera “bloccata”, il film si divide in due parti assai diverse eppure complementari. Nella prima assistiamo alla seduzione mancata di Viridiana da parte dello zio; nella seconda, morto quest’ultimo suicida, troviamo la giovane che, abbandonato il convento, decide di darsi alla bontà, aprendo le porte della propria casa ai poveri barboni della zona. Ricco di elementi disturbanti - la cena finita in orgia dei poveracci, il finto stupro dello zio a Viridiana, l’arrogante esuberanza del figlio Jorge (Francisco Rabal), il film come tutti quelli di Buñuel non sembra lasciar scampo, e il finale emblematico è tra i più inquietanti di tutta la sua filmografia. La San Paolo (incredibile, ma vero, ma proprio un editore cattolico ha scelto di immortalare questo film ndr) va apprezzata per aver avuto il coraggio di far uscire in DVD un film piuttosto raro, che presenta negli extra una lunga presentazione del film, divisa in capitoli, da parte del critico Fernaldo Di Giammatteo, e le schede biofilmografiche del regista e degli interpreti. Purtroppo non è presente l’audio originale".